The Death Of Gaddafi

The Death Of Gaddafi

Sirte, 20 October 2011
Fabio Bucciarelli for Il Fatto Quotidiano

La festa dopo la tempesta. L’ultimo giorno a Sirte è stato indimenticabile. Fra le macerie, il fumo e le urla di gioia degli shabab, dopo otto mesi di estenuante ricerca sembra essere arrivata la fine. Ieri 20 ottobre è stato ucciso Gheddafi.  Velocemente Sirte, in mano ai guerriglieri libici cambia aspetto. Sembra essere sala stampa, più che in un campo di battaglia. Tutti con il laptop o il cellulare per vedere gli ultimi minuti del Rais. Il dittatore che ha tenuto per più di 40 anni la Libia  sotto scatto ora non può fare più male a nessuno. I libici si sono vendicati, ed ora gioiscono. Ferito, poi freddato, la storia del corpo di Gheddafi  è diventata subito una telenovela.. Prima Sirte, poi Misurata, forse Tripoli o Bengasi.  Fra me e me penso che la migliore cosa sia tornare a Misurata, per cercare di allontanarsi dalla guerra ed avere informazioni più attendibili. Inanzitutto chiamo il giornale per avere una conferma del tutto. E’ morto Gheddafi. Quindi mi metto alla ricerca della salma. Comincio a girare, ospedali, moschee, nessuno sapeva nulla. Sembra essere avaporato. Mi ridono in faccia quando chiedo “Do you know where is Gaddafi’s body?”. Sembra impossibile, ma nessuno sa nulla. Quasi decido di rinunciare alla ricerca, quando una macchina mi si avvicina chiedendomi “vuoi vedere Gheddafi”.  Sorrido e con le poche illusioni rimaste salgo e continuo la ricerca,. Direzione ignota.

Una casa privata, isolata alla periferia di Misurata. Atmosfera inquietante, forse ci stiamo avvicinando. Il buoi viene interrotto dalle urla del presunto padrone di casa, armato di kalashnikov.  “Andate via! Non c’è nulla da vedere qui! Né Gheddafi, né suo figlio (Mutassim)”. Penso fra me e me,  forse ci siamo.  Ora il problema è sorpassare i controlli ed entrare nella casa. Sembra essere impossibile scavalcare le gurdie armate. Questa volta, Il buoi e le urla giocano a mio favore. Approfitto di un momento di distrazione, mi intrufolo sotto gli alberi, sorpasso i controlli ed arrivo davanti ad un’umile porta chiusa a chiave.  Non mi hanno sparato e forse ora potrò finalmente vedere le spoglie del rais. Due personaggi difficili da identificare, si avvicino, bussano e la porta che come per magia si apre. Entriamo. Eccolo, sdraiato su un materasso giallo, sporco di sangue il Colonnello, Mohamed Gheddafi. Non è più quel generale che ha giocato con il mondo per anni, ma solo un corpo senza vita, solo buttato per terra.

Nella stanza solo 4 persone. Rilassate e sorridente. Un paradosso rispetto al clima di tensione che si fuori dalla casa.  Un respiro e comincio a scattare. Gli altri si allontanano, nessuno mi considera. Per qualche minuto rimaniamo io e il Rais. Una della persona più potenti del mondo, ora giace morta su un materasso, nella periferia di una Misurata a lui ostile. Cerco di non pensare a tutto ciò, ma solo a scattare senza farmi tremare le mani. Ci riesco, ringrazio, tolgo la scheda dalla macchina fotografica ed esco. Fuori probabilmente si è sparsa la voce ed I giornalisti cominciano ad arrivare a flotte. Sfortunati, perché nessuno potrà vederlo. Nell’arco di tempo di 5 minuti il  la salma viene traslata, .e la saga continua. L’ex dittatore riappare ancora  questo pomeriggio, in una enorme cella frigorifero, sempre alla periferia di Misurata. Viene messo alla mercè del popolo. Migliaia di persone ora possono avvicinarsi al corpo, fotografarlo e tornare a casa. Una lunga coda, una processione per vedere una salma, il corpo morto di quello che i libici chiamavano il Male. Nessuno lo avrebbe voluto vedere prima, ma ora tutti in coda per raccontare la storia e potere dire c’ero anche io.