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©Fabio Bucciarelli for Il Fatto Quotidiano
October 14, 2011
INFERNO LIQUIDO
È difficile trasmettere il desiderio ed il bisogno di libertà di un popolo. È qualcosa che si può trasmettere solo con gli occhi. Ed i libici ci riescono molto bene. Non ha prezzo sentire il loro amore per la vita. Proprio per lei sono disposti a morire. Sembra un paradosso, ma vivendo con loro ci si rende davvero conto come tutto perde di significato se non si può respirare un aria libera. Comincia così il conto alla rovescia verso la nascita della nuova libia. “Fino a quando Gheddafi ed i suoi figli non saranno arrestati, anche conquistando Sirte e Beni Walid non possiamo cantare vittoria” mi diceva qualche giorno fa Ahmhed, ex pilota dell’esercito diventato Shabab della Katiba di Zawya. Con lui sono arrivati per lottare la lunga battaglia Ismail e suo fratello maggiore Ibrahim, ingegnere elettrico, oltre ad Homar, 57 anni, e tante guerre alle spalle, Etiopia, Chad, Somalia e Darfur. Questo affiatato gruppo costituisce parte del reparto speciale dei guerriglieri della rivoluzione. Dopo diversi viaggi in Libia, è la prima volta che vedo una sorta di organizzazione fra I combattenti. Prima le armi pesanti, tank e Katyusha, poi le contraeree da 23mm e 14mm ed infine I reparti speciali, puntuali, incaricati di pulire il territorio. Sfortunatamente non è tutto così facile come sembra. Molti shabab, guerriglieri improvvisati e dotati di Kalashnikov e FN non rispettano gli ordini e prendono le proprie iniziative. E la guerra si allunga.
Dopo un assedio di circa un mese, ormai da 3 giorni si combatte nel cuore della citta, all’interno della diverse mura di cinta appositamente costruite per difendersi da possibili attacchi. Forse Gheddafi temeva una ritorsione del popolo libico. È difficile pensare diversamente dopo 42 anni di dittatura e probabilmente anche Gheddafi lo sapeva. “Inshallah domani liberiamo Sirte”. Giorno dopo giorno, i guerriglieri della rivoluzione ripetono la stessa speranza. In questo modo forse riusciranno a convincersi, o almeno a convincere i media.
Ieri si combatteva in una delle arterie della città, Dubai Street. “Siamo a Venezia, non a Sirte” dice uno shabab scherzando in un momento di pausa. Le condutture sono state distrutte e l’acqua arriva alle ginocchia. Un paesaggio apocalittico: case incendiate, fumo da tutte le parti, un continuo sparare di Rpg e Milan (missili anti-tank) e l’odore di polvere da sparo mischiato alle urla in nome di Allah. In questo inferno sono riusci a scappare anche gli ultimi civili rimasti, provenienti dal Sudan. Intere famiglie dagli occhi spaventati. Mi avvicino ad uno di loro, ben vestito con la speranza che parli inglese per farmi spiegare come è stato l’ultimo periodo all’interno della città. “Durante l’ultimo mese non siamo potuti uscire di casa, nemmeno per comprare da mangiare. Fortunatamente avevamo fatto provviste prima. Non c’era elettricità e l’acqua scarseggiava”. Alla domanda se ha visto qualcuno della famiglia di Gheddafi, guarda dall’altra parte e preferisce non rispondere. Ringrazio e mi allontano per non rischiare di complicargli ulteriormente la sua fuga.
Malauguratamente durante la notte, come spesso accade, I guerriglieri non hanno tenuto le posizione conquistate, ed oggi la città sembrava tutto tranne che sotto il controllo dei ribelli. Sembra impossibile come lo scenario possa cambiare nell’arco di poche ore, ma in questa guerra è difficile fare piani e l’organizzazione manca. Regna il caos. Dopo diverse settimane di assedio intorno a Sirte, gli Shabab sembrano essere stanchi e con la voglia di rivedere le proprie famiglie, mentre gli snipers di Gheddafi (qualche centinaia) lottano per salvare la propria vita. I lealisti, sono rimasti nel ricco quartire Hay Al Dollar, e hanno messo a dura prova i rivoluzionari, che non potendosi avvicinare al centro Sha’biya hanno sparato da qualche chilometro con Tank e Katyusha.
A complicare il tutto non può mancare, come in tutte le guerre, la propaganda. Giusto ieri, mentre tornavo dal fronte arriva la notizia che Mutassim Gheddafi è stato arrestato nella sua Sirte, prima bunker inespugnabile, ora vero inferno in terra. Passano 24h e la notizia non viene confermata. Cosi, mentre continua a scorrere il sangue per la conquista della città natale del Colonnello, a meno di un repentino intervento di Allah, domani sarà un altro venerdì di preghiera lontano dalla piazza centrale di Sirte.