From Aleppo for Pubblico
November 29, 2012
“I cecchini di Assad sparano due volte per non sbagliare”
from Aleppo, Syria.
Fabio Bucciarelli per Pubblico
Oltre al pericolo proveniente dal cielo, il regime consolida la sua politica di terrore spargendo sul campo di battaglia un ingente numero di cecchini. I fucili di precisione appostati sugli scheletri delle case abbandonate a chilometri di distanza immobilizzano la città: nei quartieri più a rischio la gente attraversa le strade di corsa, fermandosi e poi ripartendo per non dare punti di riferimento ai tiratori scelti. Dicono che molti siano iraniani, ma non abbiamo notizie a sufficienza per confermalo.
A Suleiman Halabi, la katiba Al Jazira compie spesso le sue offensive. I guerriglieri si muovono in gruppo di sei alla volta dandosi il cambio dopo sei/otto ore, come se dovessero timbrare il cartellino. Il loro compito è quello di arrivare alla frontline, mantenere le posizioni conquistate e sparare ogni tanto per fasi sentire dai soldati del regime. Soltanto quando gli ordini cambiano, si passa all’offensiva per conquistare l’edificio a pochi metri di distanza.
Ci muoviamo a piedi dal headquarter fino alla zona di combattimento. Sono meno di due chilometri ed il cammino è abbastanza semplice, si ode solo il rimbombo di qualche colpo di artiglieria sui vetri delle case. Più ci si avvicina alla zona di conflitto, più l’atmosfera diventa tesa e lo sguardo comincia a muoversi verso l’orizzonte alla ricerca dei tiratori scelti del Presidente. Ed allora si comincia a correre, a scappare del sibilio dei proiettili nell’attesa del tonfo secco sulle pareti di granito, a spostarsi da un riparo all’altro come biglie impazite. Ci si prepara alla corsa, ci si fa piccoli e si attraversa sperando che il soldato di Assad si sia distratto o sia diventato all’improvviso clemente. Una roulette russa dove ogni passaggio è scandido da un tachicardico battito di cuore.
Diverse strade e tante corse dopo, si arriva al punto uno della frontline dove gli animi finalmente si rilassano. Ora si sorride, si prepara il rifugio per le prossime ore formato da pane arabo humus e munizioni e si attende impazienti, davanti ad una tazza çay, l’ora del cambio del turno.