Le ferite aperte del Sud Sudan | La Stampa
May 22, 2017
Humanitarian crisis in South Sudan
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Era il 2014 quando sono stato in Sud Sudan per l’ultima volta. Da allora sono passati tre anni, un tempo relativamente breve, ma in grado di cambiare gli equilibri e le illusioni di un nuovo Stato. Da allora non ho smesso di seguire le intrecciate dinamiche di politica nazionale, ricordare le speranze incontrate e la fede della gente verso un futuro democratico. Pensavo a che fine avessero fatto le persone conosciute e a cosa fosse successo ai migliaia di migranti accampati nel limbo di Mingkaman, sulle rive del grande Nilo Bianco.
Durante questo tempo, le fotografie scattate sono diventate la mia memoria storica. Le ho guardate e riguardate per ricordare il dolore vissuto da un popolo; per non dimenticare il colore rosso sangue della terra e le ferite di una guerra tenuta nascosta. Ero in qualche modo convinto che rivivendo il passato, potessi comprendere ogni volta un po’ di più quello che stava succedendo.
Per non spezzare quel sottile filo immaginario che mi univa al Paese, ho cercato di continuare la comunicazione con le persone conosciute, ma non bastava. Negli ultimi mesi le notizie provenienti da Sud Sudan sancivano la definitiva rottura di una speranza di rinascita.
Ciclicamente mi proponevo di ritornare ma per questioni logistiche o personali non sono riuscito fino all’aprile del 2017, dove con il supporto logistico della Ong Comitato Collaborazione Medica (CCM) ho viaggiato per circa tre settimane nel Paese per documentare la situazione umanitaria e continuare il progetto iniziato nel 2012 sull’identità del nuovo Stato Africano.[…]
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