Interview for La Stampa

January 22, 2018

Cooperaction_LaStampa

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Testo Nicolas Lozito/La Stampa

Le macerie, gli studenti, i pozzi. Una bambina che compare attraverso un lenzuolo strappato nel campo brasiliano di Dalcidio Jurandir, uno dei punti più poveri del mondo. Le donne della ricostruzione del Nepal. Le scuole dei villaggi Masai del Kenya. Bianco e nero, tinte tenue o colori fortissimi. Sono fotografie d’autore per raccontare i progetti di cooperazione portati avanti dalle Ong italiane nel mondo. Un occhio professionale, artistico e indipendente per comunicare non solo una buona azione, ma per documentare i dettagli meno immediati. In una definizione: fotogiornalismo umanitario. Una ventina di foto selezionate dal fotoreporter Fabio Bucciarelli e ora messe in mostra: Coopera[c]tion, all’Auditorium Parco della Musica di Roma il 24 e il 25 gennaio, in concomitanza della Conferenza Nazionale della Cooperazione allo Sviluppo organizzata dal ministero degli Esteri.

«Per la mostra – spiega Bucciarelli – abbiamo selezionato tre fotografi: Massimo Berruti, Giulio Di Meo e Simona Ghizzoni. Ognuno di loro ha seguito il lavoro di una Ong in punti diversi del mondo». I fotografi hanno documentato senza essere didascalici, e l’allestimento della mostra riflette proprio questo spirito. «Ci sono dei panelli dove sono raccontate le Ong italiane e il loro operato, e poi un altro spazio dove a essere protagoniste sono le foto: devono emozionare, colpire, fare riflettere», dice Bucciarelli.

In un anno dove le Ong sono state prese di mira – soprattutto per il loro intervento nel Mediterraneo – sembra sempre più importante poterle conoscerle attraverso voci indipendenti: in questo caso è proprio l’autorevolezza e la credibilità dei fotografi la chiave per potersi informare e giudicare. Come racconta Bucciarelli: «Le attività di una Ong sono sempre più complesse e sfaccettate: non possono essere solo raccontate con pubblicità o campagne di comunicazione». Ormai si dubita anche di una organizzazione non governativa. Il fotogiornalismo umanitario può colmare questo mancanza di fiducia. E contemporaneamente offrire un nuovo sguardo, più profondo e inaspettato.