Israel-Palestine: 6 months of war

Tel Aviv, Israel | April 2024

April 9, 2024

Fabio Bucciarelli per il Fatto Quotidiano
Jerusalem & Tel Aviv

Sono trascorsi sei mesi dal 7 ottobre ed è giunto il momento di fare nuovamente i conti con le vittime e la devastazione di un’altra guerra. Un’ennesimo conflitto, forse il più violento, caratterizzato da un susseguirsi incessante di morti innocenti. Cosa abbiamo imparato in questi 183 giorni? Decine di migliaia di immagini viste e parole ascoltate; cosa sappiamo davvero di questa tragica realtà?

Sappiamo che sei mesi fa era Shabbat, il giorno sacro degli ebrei, quando i miliziani di Hamas hanno distrutto le recinzioni che li rinchiudevano a Gaza ed hanno ucciso 1200 persone nell’attacco più violento mai subito dalla fondazione dello Stato di Israele. Altre 240 persone sono state rapite e portate nei tunnel di Gaza: ad oggi ancora 134 prigionieri vivono nell’oscurità. Sappiamo anche quale è stata la reazione di Israele: una campagna militare senza precedenti lanciata da terra, dal cielo e dal mare sulla Striscia di Gaza che ad oggi ha ucciso più di 33.000 persone, in maggioranza donne e bambini. Un conto sottostimato che non considera i dispersi e coloro che lentamente moriranno a causa delle ferite subite. Quelli che sono rimasti vivi, più di un milione e mezzo di civili Gazawi, sono diventati una popolazione di profughi interni stancata da un infinito peregrinare in fuga dalle esplosioni. Ora vivono ammassati nel sud del loro paese, in campi improvvisati lungo confine con l’Egitto in un limbo di attesa per un futuro più che mai incerto. L’estrema carenza di cibo ha già superato i livelli di carestia e la morte collettiva è prossima senza un cessate il fuoco. Le medicine scarseggiano e la gente muore di dolore. La stessa sorte tocca anche a chi prova a portare aiuti umanitari ai civili affamati, diventando il nuovo target dei droni del IDF.

Benjamin Netanyahu, detto Bibi, è il Primo Ministro più di destra e più longevo della storia dello Stato di Israele che ha trascorso gran parte del suo mandato finanziando e supportando l’occupazione illegale in Cisgiordania e deligittimizzando l’autorità palestinese a favore dello stesso Hamas. Ragione per cui la soluzione dei due Stati, ad oggi rimane una mera utopia a meno che non si riescano a spostare 750.000 coloni dalla terra palestinese. Già prima del 7 Ottobre, milioni di israeliani sono scesi nelle piazze di tutto il paese per protestare contro politica di Bibi e la sua riforma della giustizia, rinominata “la rivoluzione anti-costituzionale”. Con un consenso frantumato e diversi processi in corso per corruzione e frode, Netanyahu è resuscitato politicamente dopo l’attacco, quando il dolore subito e la voglia di una vendetta collettiva ha fatto da legame fra la popolazione Israeliana unita nell’odio di un nemico comune. Un unione claudicante che da settimane mostra già la sua debolezza e che ora riemerge nelle piazze al grido “Vi diamo Netanyahu, ridateci gli ostaggi”.

In questo tempo abbiamo avuto anche la conferma di come la Lega Araba con i suoi leaders, oggi come in passato, nonostante il dissenso mostrato verso Israele, nella pratica non abbia fatto nulla in supporto al popolo Palestinese. “Sono tutti uguali, il mondo ci appoggia, ma nessuno ci aiuta” mi confida Sami nei pressi dell porta di Damasco di Gerusalemme al rimbombo del cannone che annuncia l’Iftar. “Siamo soli, siamo sempre stati soli”, con queste parole diventate realtà interiorizzata, Sami azzanna il suo falafel dopo il giorno di digiuno.

Abbiamo anche imparato a credere in noi stessi, a pensare di sapere di più di quello che effettivamente conosciamo perché abbiamo sentito un breve podcast o letto qualche titolo strillato. Abbiamo imparato così tanto ad empatizzare con un bando o con l’altro che non ascoltiamo ragioni diverse dalle nostre e coloro che dissentono, diventano i nuovi nemici. Una parola in supporto alla causa palestinese e sei considerato un fondamentalista, una di comprensione verso lo Stato di Israele e diventi un sionista. In un momento dove l’informazione viaggia alla velocità della luce, siamo rimasti ciechi assecondando le diverse propagande che collimano con le nostre idee. Abbiamo bisogno di schierarci, di sentirci parte di un movimento, qualsiasi esso sia, trascurando l’analisi degli eventi. Non esistono più vie di mezzo, le tonalità di grigio, e la saturazione dell’informazione ha polarizzato il pensiero comune dove il motto fascista “o con me o contro di me” viene resuscitato.

Anche nei miei circoli più prossimi, più cari l’argomento è divisivo e si preferisce schierarsi piuttosto che ascoltare. Quello che personalmente continuo ad imparare è che non esistono soluzioni semplici a problemi complessi e che il dialogo e la comprensione sono gli ultimi baluardi rimasti per non sprofondare in una spirale di odio fertile alla nascita di nuovi conflitti.